TRE IDEE PER CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE (SENZA ILLUDERSI DI ABOLIRLA)
Mentre in America si valuta se bandire Tik Tok, in Europa il Digital Services Act consente di porre un argine alle fake news: ma ci vogliono iniziative più semplici e stringenti, argomenta il Prof. Gustavo Ghidini, intervenendo sul Corriere della Sera insieme a Daniele Manca.
Manca un mese alle elezioni Europee, incastonate in un anno in cui più di quattro miliardi di cittadini (una persona su due) sono chiamati a votare in ben ottanta nazioni di tutto il mondo. È un anno senza precedenti per la democrazia, ma senza precedenti sono anche le minacce a cui la democrazia è sottoposta: prima fra tutte, quella delle fake news o, più genericamente, della disinformazione.
Sul Corriere della Sera, inserto Economia, il Prof. Gustavo Ghidini interviene insieme al vicedirettore del quotidiano, Daniele Manca, per mettere meglio a fuoco quale minaccia la disinformazione apporti alla democrazia.
Il punto di partenza è che comunemente si ritiene che la disinformazione – sovente messa in atto da Paesi estranei a quello interessato dal voto – si appunti sullo spostare il favore dell’opinione pubblica da un partito a un altro. Da un’analisi più approfondita emerge invece che obiettivo della disinformazione è piuttosto una generalizzata sfiducia, fondata sulla perdita di credibilità dell’intero sistema dell’informazione e, di conseguenza, della struttura portante del dibattito democratico.
“E mentre, quasi per riflesso condizionato, quando si parla di disinformazione lo sguardo si volte ai media”, scrivono gli Autori, “in realtà è ormai chiaro che sono le piattaforme di distribuzione di contenuti a essere i veicoli preferiti. In una indagine Ipsos citata da Foreign Affairs, e relativa a 16 nazioni con elezioni nel 2024, l’87% degli interpellati si è detto preoccupato dalle potenziali fake news. Ma citando i social media come la fonte principale di disinformazione, seguita dalle app di messaggistica”.
Quali possono essere le contromisure? In America si valuta di impedire l’accesso a Tik Tok, il social cinese; in Europa è già entrato in vigore il Digital Services Act, un regolamento che impone alle piattaforme obblighi di vigilanza, oltre a comandare la rimozione di contenuti illegali e socialmente dannosi. In base a questa normativa, lo scorso 18 dicembre, è stato messo sotto inchiesta Elon Musk, eclettico boss di X (il social che eravamo abituati a chiamare Twitter).
“Non sarà affatto semplice applicare il DSA, sia a livello Ue, sia a livello di singoli Stati membri”, ammoniscono gli Autori. “Sino a che si limiterà a intervenire su fattispecie di illecito precisamente delineate, largamente condivise dalla coscienza sociale, e magari già colpite dalla legge nazionale, allora la strada sarà percorribile. Come si sa, da noi sono già puniti l’incitamento a commettere discriminazioni per motivi etnici, religiosi, incitamento alla violenza o provocazione alla violenza, abuso di credulità popolare, diffamazione, procurato allarme, linguaggio indecente, diffusione di scritti o immagini indecenti. Otre questa soglia, però, il contrasto alla disinformazione appare un vasto programma”.
Per questo il Prof. Ghidini e il Dott. Manca avanzano tre proposte concrete per rafforzare lo scudo anti-disinformazione: l’adozione di strumenti di fact checking da parte delle piattaforme; identificazione di chi posta messaggi su temi sensibili; prevedere sanzioni – dall’oscuramento temporaneo alla sospensione della licenza – per chi diffonda notizie adulterate.
Finché invece ci si incaponirà nell’ideale di abolire del tutto la disinformazione, il progetto sarà irrealizzabile, ammoniscono gli Autori: “Certo, esiste il divieto di esercizio del mestiere di ciarlatano, nell’articolo 121 del Testo Unico Pubblica Sicurezza: ma vi immaginate applicarlo al dibattito politico?”.
L’articolo può essere letto in versione integrale nella “Sala stampa” del nostro sito, nonché sulle pagine online del Corriere della Sera. Il Prof. Ghidini, Senior Professor all’Università LUISS e Professore Emerito di Diritto Industriale all’Università Statale di Milano, aveva in precedenza indagato, con Daniele Manca, sui rischi connessi all’Intelligenza Artificiale e sulle future prospettive della democrazia nell’era della civiltà digitale.
Sul nostro sito è possibile consultare tutti gli articoli di Soci e Collaboratori sugli organi stampa nazionali.