SEPARAZIONE DELLE CARRIERE: LE RAGIONI DI UN NO
Intervenendo sul Corriere della Sera, il Fondatore dello Studio, Prof. Gustavo Ghidini, richiama l’attenzione sul rischio che la riforma finisca per minare la fiducia nei cittadini nel valore della Giustizia in quanto servizio pubblico.
“Un unico ed unitario interesse generale”: è questa la priorità da salvaguardare che viene indicata dal Prof. Gustavo Ghidini come faro da seguire nella riforma della giustizia. Di fronte alla prospettiva della separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri – contro cui si è recentemente espressa una lettera aperta firmata da oltre trecento giuristi – il Fondatore del nostro Studio raccomanda di tenere sempre presente che alla Giustizia è affidato un valore di servizio pubblico che non deve essere messo in discussione nel comune sentire dei cittadini.
Scrive infatti il Prof. Ghidini: “Inquieta la possibilità, che la separazione delle carriere sembra rendere assai concreta, che uno dei due magistrati da cui dipenderà la sorte giudiziaria del cittadino, sia ‘educato’ ad accusarlo, e che gli argomenti a sua difesa da presentare al giudice siano affidati al solo avvocato difensore. Forse non avverrà così, v’è da augurarselo, ma così il pericolo appare concreto”.
Il cambiamento radicale che si profila una volta attuata la riforma, infatti, potrebbe secondo il Prof. Ghidini minare la fiducia che il cittadino ha nello Stato come fornitore di una giustizia unitaria, che si declina nei diversi ruoli tramite cui un magistrato è chiamato a dispensarla. Si verificherebbe altrimenti una sorta di polarizzazione della giustizia, che trasformerebbe il pubblico ministero in mero accusatore quado invece “ora avviene che il pubblico ministero cerchi, con pari impegno, prove a carico e a discarico dell’indagato, e, se del caso, chieda l’archiviazione o l’assoluzione”.
Meglio dunque limitarsi alle attuali norme che già prevedono varie incompatibilità fra pm e giudici, oltre che favorire in ogni modo una riforma nella direzione dell’unitarietà della funzione giurisdizionale. L’evenienza che il pm non venga più percepito come “parte imparziale” comporta anche un rischio collaterale: che il cittadino posto in stato di accusa debba contare, per la propria salvaguardia, sul mero talento di un avvocato (magari costoso), senza poter fare affidamento anche “sull’opera dello Stato per veder riconosciute le proprie ragioni”.
L’articolo può essere letto integralmente sul sito del Corriere della Sera. Il Prof. Ghidini, Senior Professor all’Università LUISS e Professore Emerito di Diritto Industriale all’Università Statale di Milano, aveva in precedenza indagato sul medesimo quotidiano, con Daniele Manca, sui rischi connessi all’Intelligenza Artificiale e sulle future prospettive della democrazia nell’era della civiltà digitale. Sempre al Corriere il Prof. Ghidini ha recentemente affidato interventi sul merito nella docenza universitaria, sullo spoils system, sulla dottrina Biden in materia di brevetto vaccinale e sulle implicazioni etiche dell’utilizzo degli algoritmi, quest’ultimo in collaborazione con Isabella Austoni e Daniele Manca. Con Ferdinando Salleo aveva invece avanzato la proposta di istituzione di un Politecnico Europeo della Difesa.
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