PIATTAFORME SOCIAL VS. REGOLATORI: LE NUOVE GUERRE DIGITALI

Su Privacy&, un approfondito editoriale di Emilio Girino e Franco Estrangeros spiega che dietro le dispute sui termini di servizio delle piattaforme social si cela una guerra fra l’oligopolio della rete e i regolatori. I clienti non sono il nemico, ma solo le prede: in gioco c’è la nostra libertà.

Se siamo al centro di una guerra digitale, è necessario comprendere chi la sta combattendo, per quale motivo e qual è la posta in palio. È alla luce di questo contesto generale che va letta la (esagerata) querelle sulla modifica dei termini di servizio e dell’informativa privacy di WhatsApp, apparsa in gennaio sui nostri cellulari causando l’immediata reazione del Garante della privacy – anche se la questione, come spiegato poi dal network, avrebbe riguardato solo la clientela corporate e non sarebbe stata applicata in Europa. Il rinvio attuativo di tali modifiche, a suo tempo disposto dal social, è peraltro scaduto lo scorso 15 maggio.

Alla questione dedicano un corposo approfondimento gli Avv.ti Emilio Girino e Franco Estrangeros, Soci dello Studio. Il loro testo è apparso come editoriale nel numero di maggio della rivista Privacy&.

Il Garante, spiegano gli Avv.ti Girino ed Estrangeros, ha contestato a Whatsapp la richiesta di consenso all’informativa, perché effettuata “mediante un modello imperniato sul principio dell’opt-out (casella di spunta già ‘flaggata’)” e “prospettando, in caso di mancata adesione, l’interruzione di un servizio ormai divenuto di generale utilizzo, ossia una conseguenza sproporzionata rispetto alle esigenze di funzionamento dello stesso”.

Proprio in questo procedimento di negazione di un servizio acquisito può essere ravvisato un dettaglio rivelatore della tattica che regola il rapporto delle grandi piattaforme social coi clienti: “Primo, illudere l’utenza della gratuita libertà di parola, espressione, (auto)esposizione; secondo, consolidare quella libertà gravida di informazioni; terzo, a dipendenza raggiunta, appropriarsi di quei dati per rivenderli a mercanti settorialmente interessati”. Ciò diventa tanto più grave quando la piattaforma contravviene al principio che anima il GDPR del 2016, ossia la minimizzazione dei dati: accade, ad esempio, quando la piattaforma s’impossessa di dati che possono concernere aspetti della salute del cliente, oppure quando acquisisce dati di contatti della rubrica del cliente appartenenti a soggetti che non hanno intenzione di iscriversi al servizio.

Si tratta di una tattica bellica, in una guerra in cui gli oligopolisti dell’informazione non combattono contro i clienti – “che semmai sono le vittime o, più tecnicamente, le prede”, scrivono gli Autori – bensì contro i regolatori, “istituzionalmente votati a proteggere le masse da sé stesse e dalle loro narcotiche cedevolezze alle blandizie delle reti”. Lo scontro non avviene dunque al livello spiccio in cui si manifesta sul nostro smartphone bensì su un campo di battaglia superiore: “All’un capo si collocano le reti e il loro incessante bisogno di continuare a non perdere la più ampia signoria possibile dei dati dell’utente e, all’altro capo, siede un regolatore sempre più vigile e dedito a contenere ogni degenerazione di ogni signoria in uno sfrenato uso dei dati delle persone fisiche”.

La battaglia si combatte attraverso la regola del consenso libero e informato, vero e proprio “scudo con cui il regolatore paralizza il tentativo delle reti di proseguire nella scissione fra la apparentemente gratuita fruizione del servizio e prestazione più o meno forzata del consenso all’uso dei dati dell’utenza”. La ragione del conflitto è il fine stesso dell’esistenza di una rete sociale, che “non è fare raccolta pubblicitaria bensì consentire l’interconnessione e l’interazione fra più individui”. Ma, soprattutto, cos’è in gioco in questa guerra?

Gli Avv.ti Girino ed Estrangeros sono chiarissimi al riguardo: la nostra libertà. “A tratti sembra di tornare alle epoche post-lumi quando, accantonate le credenze religiose, gli umani si votarono all’occultismo, alla negromanzia, alle divinazioni”, concludono. “Dopo essersi ripresi ogni genere di libertà, gli individui ora incappano in nuove forme di asservimento: e lo fanno da soli, per incoscienza o per bisogno di essere in una realtà virtuale, specie se quella reale li confini nell’anonimato”.

L’articolo – intitolato WhatsAppening? Brevi note su origini, combattenti e futuro delle moderne guerre digitali – è disponibile in versione integrale sul sito di Privacy&, e il pdf è scaricabile gratuitamente cliccando qui.