Venti nuovi soffiano forti sui marchi di impresa

Arriveranno a giorni e non saranno poche. Nel Cdm del 15 febbraio il governo ha varato due decreti legislativi in attuazione di provvedimenti Ue: la direttiva 2015/2436 e il regolamento 1257/2012, in materia rispettivamente di marchi e brevetti. Le novità nell’ambito brevettuale sono più circoscritte (perlopiù norme di adeguamento della normativa italiana a quella del brevetto unitario), numerose invece sono quelle che investono i marchi. Ecco una breve rassegna delle principali novità che entreranno in vigore il 22 marzo.

1) Viene introdotta anche in Italia la possibilità di registrare i «marchi non tradizionali», ad esempio le combinazioni di suoni e colori. Questo obiettivo viene perseguito stabilendo che non è più necessario che il segno per essere registrabile debba essere rappresentato «graficamente»; sarà sufficiente che sia rappresentabile nel registro dei marchi in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare con precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare. Si apre così anche per i marchi italiani la possibilità di dare maggiori spazio e tutela alla creatività, recependo una tendenza già in atto grazie alle nuove potenzialità tecnologiche di creare marchi in rete.

2) Tale ampliamento della tipologia dei marchi registrabili viene controbilanciato da un nuovo limite al fine di evitare che possa accedere alla tutela tendenzialmente infinita del marchio (la cui registrazione può essere rinnovata ogni 10 anni senza limiti). Sinora era vietato registrare come marchio una forma che invece avrebbe dovuto essere brevettata o registrata come design con termini più brevi di esclusiva (20 anni nel primo caso, fino a 25 nel secondo). Ora si prevede che non sia registrabile neppure «un’altra caratteristica» che, analogamente, andrebbe protetta in altro modo.

3) Anche gli accordi di licenza vengono toccati dalla riforma. A meno che il contratto disponga diversamente, il licenziatario che s’accorga di una contraffazione potrà agire in giudizio solo se avrà chiesto e ottenuto «il permesso» al titolare del marchio stesso. Se il licenziante resta inerte e non risponde alla «messa in mora», il licenziatario potrà far causa. Urge quindi verificare e, se del caso, aggiornare i contratti di licenza per disciplinare adeguatamente questo aspetto, considerato che quasi sempre le azioni di contraffazione richiedono interventi urgenti, poco compatibili con i tempi stretti di un «palleggio» tra titolare e licenziatario.

4) Vede la luce il marchio «di certificazione», ossia un segno che può essere usato per certificare determinate caratteristiche di prodotti e servizi (tipicamente alcune caratteristiche o qualità). Potrà essere registrato da soggetti accreditati purché si trovino in situazione di neutralità, cioè non svolgano attività connesse alla fornitura prodotti-servizi dello stesso tipo. Questi soggetti poi potranno consentire l’uso del marchio di certificazione a chi sarà in possesso di determinati requisiti (quelli, appunto, «certificati»).

5) Viene ampliata la tutela anti-contraffazione. Sono ora espressamente considerati contraffattori anche alcuni atti preparatori all’attività di copiatura illecita di un marchio, quali l’apposizione del segno copiato su «imballaggi, etichette, cartellini, dispositivi di sicurezza o di autenticazione» o «altri mezzi», quando sussista il rischio di uso a fini contraffattori. Da qui una nuova possibilità di stroncare sul nascere le falsificazioni. Insomma, una raffica di novità: ma si tratta soltanto di alcune. Prossimamente da queste colonne.

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Laureato nell’Università Statale di Milano nel 1995 con una tesi in diritto antitrust dal titolo ‘Gli interlockjng directorates nel diritto antitrust statunitense e comunitario’, avendo come Relatore il Prof. Guido Rossi.
E’entrato a far parte dello Studio nel dicembre del 1997. Associato nel 1999, è Partner dello Studio dal gennaio 2004.