Sui marchi d’impresa arrivano altre tre novità
Ecco, come anticipato nell’articolo del 16 marzo, la seconda puntata delle principali novità introdotte nella disciplina italiana dei marchi d’impresa, entrate in vigore da pochi giorni (22 marzo). Il dlgs 15/2019 ha infatti introdotto nella disciplina dei marchi, tra le altre, le modifiche che vengono illustrate qui di seguito.
1) Non sarà più necessario proporre una causa, dinanzi al Tribunale delle Imprese territorialmente competente, per far dichiarare nullo o decaduto un marchio. È stata infatti introdotta anche in Italia la possibilità di far invalidare il marchio in sede amministrativa, ossia dinanzi all’Uibm (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi). La procedura sarà così più snella ed economica, oltre che, si spera (molto dipenderà da come l’Uibm si organizzerà), più rapida.
I casi di nullità sono (i) quelli, per così dire, di irregolarità formale del marchio depositato (ad es., si è chiesta la registrazione di un segno che non è rappresentabile nel Registro dei marchi), (ii) di esistenza di un diritto anteriore (es. un segno precedente) e (iii) di deposito da parte di un agente o rappresentante effettuato senza il consenso dell’effettivo titolare o per un giustificato motivi. Le ipotesi di decadenza che si possono far valere dinanzi all’Uibm sono: (i) marchio diventato nome comune del bene o servizio; (ii) inutilizzo del marchio protratto per più di quinquennio; (iii) marchio diventato ingannevole rispetto alle caratteristiche dei prodotti/servizi per i quali è stato registrato. Resterà comunque la competenza anche del Tribunale e proprio per questo le nuove norme regolano l’ipotesi in cui pendano sia il procedimento amministrativo sia quello dinanzi al Giudice Ordinario.
Come accennato, per l’effettiva operatività della disposizione sarà necessario attendere che l’Uibm si doti del personale necessario: non a caso il dlgs 15/2019 prevede lo stanziamento di fondi per assumerlo.
2) I marchi rinomati (ossia quelli, per così dire, più noti e diffusi) godranno di una tutela più ampia. Sinora, questi segni distintivi erano protetti rispetto all’uso anche in settori merceologici «non affini» (ossia diversi) da quelli per cui sono registrati nel caso in cui un terzo non autorizzato li utilizzasse illegittimamente provocando un pregiudizio al titolare del marchio stesso oppure traendo un ingiusto vantaggio da tale uso. Ora, il nuovo art. 20 del Codice della Proprietà Industriale stabilisce il divieto di usare questi marchi anche se per finalità diverse da quella di contraddistinguere un prodotto o un servizio. La differenza è notevole, in quanto (ferme restando le altre condizioni ora dette) è ora vietato usare un marchio rinomato anche se ciò non avviene per identificare un bene o un’attività. Il che va a vantaggio di quelle imprese che ogni anno destinano risorse ingenti per rendere famoso il proprio marchio: in Italia, non sono poche (si pensi a quelle della moda e del design).
3) Un’altra significativa novità, che allinea l’ordinamento italiano al resto d’Europa, è la prova del non uso in caso di domanda di decadenza. Come già si è accennato, un marchio che resti inutilizzato per più di cinque anni decade. Sinora, nei Tribunali italiani doveva essere chi invocava la decadenza a dover dimostrare un fatto negativo, ossia, per l’appunto, il mancato utilizzo del segno. Una prova spesso diabolica, come si suol dire, considerato che è molto più facile per il titolare del marchio fornire la prova (con fatture, pubblicità e altri simili documenti) di averlo utilizzato. Finalmente anche l’Italia si è allineata: anche in Italia, in questa ipotesi, dovrà essere il titolare della registrazione a fornire la dimostrazione che il suo marchio è stato usato.
Qui si conclude questa carrellata, necessariamente sintetica, di novità. Per adesso sono le ultime, ma il legislatore (nazionale ed europeo) di certo non si fermerà qui: il futuro riserverà certamente altre puntate