La prima sentenza in Usa: l’AI non viola il copyright

Il 3 gennaio 2023 tre artiste hanno promosso innanzi alla corte distrettuale della California del Nord un’azione congiunta per violazione dei diritti d’autore, del diritto all’immagine, concorrenza sleale e violazione contrattuale nei confronti di Stability AI, Midjourney e Deviant Art, società americane creatrici dei sistemi di AI Generativa (GAI) di immagini (rispettivamente DreamStudio, Midjourney e DreamUp).

L’AI generativa comprende sofisticati sistemi basati su modelli di apprendimento automatico profondo (il cosiddetto deep learning), addestrati su enormi set di dati, che sono in grado di generare immagini, testi, o linee di codice a partire da un comando testuale (il cosiddetto text prompt) in pochi secondi.
Alla base della contestazione vi è l’uso del software Stable Diffusion, un algoritmo generativo addestrato sulla base di data set (forniti da un’azienda tedesca che fa scraping online, cioè «raschia» dati presenti su tutte le piattaforme del web), che includerebbero, senza autorizzazione delle artiste, opere protette da copyright estratte da Deviant Art, un sito nato per pubblicare opere di una community di artisti.
In pratica, i predetti sistemi di GAI, in quanto addestrati sulla base di miliardi di immagini e opere, sono in grado di creare immagini «nello stile di» un determinato artista, violando così i diritti d’autore sia rispetto all’input (perché ci si introduce in un data base per «addestramento» senza autorizzazione dei titolari del copyright) sia rispetto all’output (in quanto si creano opere «derivate» da quelle tutelate).

Il giudice federale William H. Orrick della Corte distrettuale della California del Nordha ha emesso, lo scorso 30 ottobre, una pronuncia preliminare che segna un precedente importante poiché ha accolto la domanda di accertamento della violazione del copyright di una delle artiste (Sarah Andersen) verso StabilityAI. Il magistrato ha peraltro chiesto che vengano provate (i) la presenza nel database dei sistemi di AI delle specifiche opere che si assumono violate e (ii) una «sostanziale somiglianza» tra l’output e l’opera originaria.
Va detto che si tratta di oneri probatori particolarmente gravosi, considerati, tra l’altro, il fatto che i sistemi sono molto complessi e non tengono traccia dell’uso dei dati per la loro enorme mole, così impedendo una verifica in concreto delle possibili violazioni; inoltre, le immagini output non sono mai identiche all’opera originaria.
La pronuncia, peraltro, lascia intendere che gli output potrebbero essere «assolti» almeno parzialmente, in quanto rientranti in eccezioni alla tutela garantita dal copyright: ossia in base alla dottrina del fair use in Usa, e del simile fair dealing in UK, che trovano un fondamento normativo nell’Ue quanto alle eccezioni al diritto d’autore per le operazioni di text e data mining (TDM) introdotte in Europa dagli artt. 3-4 della Direttiva Copyright (n. 790/2019).

Analoghe questioni sono oggetto di numerose azioni legali attualmente pendenti (l’ultima è di settembre scorso, promossa a New York da alcuni noti autori, tra cui John Grisham, contro OpenAI sempre per l’uso abusivo di opere per il training di ChatGPT al fine di creare estratti, traduzioni o riassunti delle stesse).In questo contesto, emerge l’inadeguatezza della normativa vigente a far fronte al bilanciamento degli interessi tra il progresso dell’AI e la tutela del diritto d’autore.
L’attenzione sicuramente è altissima. Negli Stati Uniti non si parla di una regolazione, ma il 30 ottobre Biden ha emesso un ordine esecutivo in materia di AI. In Europa, come noto, attualmente è in discussione, ma con tempi che si stanno allungando, l’approvazione dell’AI Act che ha proposto per i foundation models più complessi oneri più stringenti di trasparenza sul data mining. Per il futuro dell’AI generativa sarà senz’altro dirimente il modo in cui nei prossimi mesi le Corti si pronunceranno, soprattutto se la politica non sarà in grado di stare al passo, “regalando” il settore a Paesi (quali la Cina) che sono tecnologicamente e normativamente più avanzati.

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Laureata nel giugno 2019 presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi in Diritto Industriale dal titolo “La tutela del segreto commerciale: continuità ed evoluzione della disciplina alla luce del D. lgs. 11 maggio 2018, n. 63”, entra a far parte dello studio nell’ottobre 2019.

Si occupa prevalentemente di proprietà industriale e intellettuale, concorrenza sleale, diritto d’autore, pubblicità e diritto antitrust.
Svolge attività di ricerca e collaborazione con il Professor Ghidini.

E’ Cultrice della materia Diritto industriale presso l’Università degli Studi di Milano.