Il pil perduto? Si recupera con le Società di Investimento Semplice
La ricerca e il ritrovamento del pil perduto passa anche e soprattutto dalla valorizzazione delle piccole e medie realtà imprenditoriali, spina dorsale del nostro sistema produttivo. Nell’ultimo decennio molte sono state le iniziative di sistema, non sempre di successo, volte ad agevolare la raccolta di capitali destinati a finanziare tali attività: dal crowdfunding, riservato prima alle start-up e poi esteso alle pmi innovative, ai Piani Individuali di Risparmio fino alla creazione di sistemi di negoziazione ad hoc. Sul palcoscenico delle riforme appaiono ora nuove entità battezzate dall’articolo 27 del decreto Crescita: le Società di Investimento Semplice (Sis), ossia Sicaf che, gestendo direttamente il proprio patrimonio, investono in via esclusiva in piccole e medie imprese non quotate e che si trovino in fase di sperimentazione, costituzione e avvio dell’attività. Il capitale della Sis è quello minimo delle spa (120 mila euro) e il relativo patrimonio netto non può superare i 25 milioni di euro. La sottoscrizione delle azioni è riservato ai soli investitori professionali.
La novità non risiede tanto nell’oggetto in sé del nuovo Fondo di Investimento Alternativo italiano (l’acquisizione da parte di un Fia di pmi non quotate è una realtà normativa da un pezzo) quanto nel fatto che un Fia così strutturato e patrimonialmente limitato (i 25 milioni di patrimonio netto) gode di non irrilevanti semplificazioni in termini di organizzazione e governance. Le Sis infatti implicano una gestione patrimoniale che in termini quantitativi si pone ampiamente sotto la soglia di cui all’articolo 35-undecies del Tuf e il nuovo comma 2 esclude espressamente le Sis dall’applicazione della disciplina regolamentare di Banca d’Italia e Consob emanata ai sensi dell’articolo 6, commi 1, 2 e 2 bis del Tuf.
Così la Sis non è tenuta all’applicazione dei presidi regolamentari aventi ad oggetto il contenimento e il frazionamento del rischio né di quelli che disciplinano il metodo di calcolo del valore delle azioni, che dettano i principi di trasparenza sulle politiche di remunerazione e di organizzazione interna, che regolano la correttezza dei comportamenti. Analogamente i titolari di partecipazioni che assicurino il controllo della Sis o un’influenza notevole sulla stessa dovranno documentare solo i requisiti di onorabilità e non anche quelli di competenza e di correttezza richiesti dall’articolo 15 comma 1 del Tuf. Resta solo, come era ovvio, in capo alla Sis l’obbligo di dotarsi di un sistema di governo e di controllo adeguato per assicurare la sana e prudente gestione nonché il rispetto della disciplina Consob in materia di commercializzazione di Oicr.
Mancano ancora all’appello i consueti regolamenti attuativi e le circolari ministeriali che si esprimano sull’applicazione agli investitori dei benefici fiscali già riconosciuti al sottoscrittore di quote o azioni di start-up o pmi innovative. Due i segnali che promanano da questo provvedimento. Primo: la possibilità di creare strutture professionali d’investimento possedute anche da operatori del settore target, non necessariamente finanziari (non si spiega, diversamente, l’esclusione dei requisiti di competenza dei soci d’una Sis). Secondo: fatta salva la sacrosanta tutela del risparmiatore, gli oneri formali e burocratici hanno fatto il loro tempo; per stimolare l’investimento è indispensabile semplificare