Credito al consumo nell’era digitale: la nuova direttiva Ue
Lo scorso 30 ottobre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la nuova Direttiva sul credito al consumo (Ue) 2023/2225 (Ccd II), che andrà recepita dagli Stati membri entro il 20 novembre 2025.
La riforma si è resa necessaria a fronte di un contesto assai mutato rispetto a quello in cui vide la luce la precedente direttiva (2008/48), complici i rapidi progressi tecnologici che hanno portato significativi mutamenti nel settore, la comparsa di nuovi prodotti e l’evoluzione del comportamento e delle preferenze del consumatore, che desidera un processo sempre più veloce e agile per ottenere credito.
La facilità d’accesso al credito e la sua crescente digitalizzazione hanno spinto il legislatore Ue a intervenire sulle nuove modalità di divulgazione digitale delle informazioni precontrattuali e contrattuali, e sugli usi in tale campo dei sistemi di intelligenza artificiale. In tale contesto, per garantire a tutti i consumatori un elevato livello di tutela, gli obblighi per gli intermediari si fanno più stringenti.
La modernizzazione del quadro normativo passa anzitutto attraverso l’ampliamento dell’ambito d’applicazione di nuove norme: è stata eliminata la soglia minima di 200 euro e fissata unicamente una soglia massima di 100.000 euro oltre cui la disciplina non trova applicazione.
Di forte impatto l’estensione delle norme ai nuovi strumenti di finanziamento digitali come i cosiddetti sistemi Buy now pay later, che consentono ai consumatori di saldare nel tempo ciò che si compra, spesso senza interessi e ulteriori spese: sistemi guardati con sospetto dal legislatore Ue, perché stimolano acquisti non ponderati, col rischio di sovraindebitamenti.
Novità anche sul versante della trasparenza. Gli intermediari dovranno fornire informazioni sui contratti di credito in modo chiaro, conciso anche mediante un esempio rappresentativo: l’obiettivo è quello di consentire ai consumatori di assumere le informazioni di base al primo sguardo, anche sullo schermo del cellulare.
Al bando le pratiche di commercializzazione abbinata (vendita di contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti). Consentite invece le pratiche di commercializzazione aggregata, ossia la vendita dello stesso pacchetto, in cui il contratto di credito è messo a disposizione del consumatore anche separatamente, ma non necessariamente alle stesse condizioni.
Per la prima volta, a livello europeo, viene imposto agli intermediari un ragionevole grado di tolleranza prima dell’avvio di procedimenti volti al recupero del credito, in caso di inadempimento del debitore. Nel momento in cui il cliente non dovesse onorare una o più rate, l’intermediario dovrà farsi parte attiva, adottando misure come, ad esempio, estensione della durata del contratto di credito, riduzione del tasso debitore, differimento del rimborso delle rate per un determinato periodo, remissione parziale e consolidamento del debito. Da ultimo, sulla scia della nota sentenza Lexitor, la direttiva conferma il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato: in caso di anticipata estinzione viene dunque specificamente previsto il diritto del consumatore a ottenere il rimborso di tutti i costi, compresi quelli pienamente esauriti all’atto della concessione del credito (up-front).
All’apparenza innocue, le nuove disposizioni segnano in realtà un vero cambio di passo nel credito consumeristico: applicazione anche a micro-contratti o contratti gratuiti, forti limiti alle vendite abbinate, obbligo di tutela anche in fase di recupero. È un’intera filosofia commerciale, un costume di mercato ad essere rimesso in discussione. Il consiglio è di ripensare le policy fin da ora.