Zero sportelli? I clienti non gradiscono. E le banche neppure
Zero sportelli e digitalizzazione pura non sembrano piacere alla clientela. Ma neppure alle banche, stando a quanto appreso nella scorsa primavera, quando, solo per citare due antipodi, Sparkasse-CariBolzano ha programmato di rafforzare in un biennio la sua rete di già 170 sportelli e, in parallelo, Jp-Morgan ha annunciato 500 nuove aperture negli Usa entro il 2027.
La desertificazione bancaria registra sorprese, talora decise retromarce se solo si rammenta che fra il 1998 e il 2022 calarono del 19,2% (si veda MF Milano Finanza del 23 maggio 2024).
Banche digitali native o divenute tali ripensano le strategie, cercano soluzioni alternative per far sì che banchieri e clienti tornino a guardarsi negli occhi. Perché? Un sondaggio Uilca del 2023 dà una lucida risposta. L’82% degli italiani vuole lo sportello e non bancomat. O meglio: vuole entrambi ma considera il primo irrinunciabile, tant’è che la soppressione del punto fisico indurrebbe il 48,5% dei clienti a cambiar banca e il 18,3% ad andare in posta.
A conti fatti solo un cliente su tre si accontenterebbe, più o meno di buon grado, del digitale. Si profila per i grandi player la prospettiva che bcc e Poste, radicatissime sul territorio, possano sfilare grosse fette di clientela. Mai come qui la concorrenza si fa sentire “gridando dal basso” e le convergenti scelte della cassa altoatesina e del colosso americano lo dimostrano: la prima vuole aumentare l’erogato di almeno un miliardo portando l’utile verso i 100 milioni, il secondo, ovviamente per lo stesso fine, metter radici là dove non le ha.
Diversamente da quanto accade per il bene fisico (pur se anche qui una risorta voglia di entrare in negozio sta cambiando i neo-dogmi del global e-commerce), se si compravende denaro o lo si investe anche il più pigro dei pantofolai vuol vedere in faccia la controparte. E se il Cnel ha aperto un tavolo con Abi e Anci per trovare nuovi compromessi virtuosi ci sarà una ragione.
Lungimirante iniziativa a parte, resta il fatto (dimostrato) che il sistema già si muove, senza particolari stimoli da parte dello Stato. Sollevai il tema circa un anno e mezzo fa (MF-Milano Finanza del 28 gennaio 2023), suggerendo soluzioni di snella ed efficiente cooperazione fra grandi gruppi e banche locali e rammentando che, secondo il World Banking Report 2021, il successo della banca 4.0 consiste nel coniugare innovazione digitale e presidi territoriali.
Crescono così forme di rioccupazione diretta del territorio, ma anche soluzioni alternative che coniugano gli obiettivi di ridurre i costi e restituire al cliente una dimensione umana del rapporto (tornare a quel “la mia banca”, traslato possessorio pregno del valore da cui nasce il successo di ogni affare: fiducia fra le persone).
Ed ecco che (lo sto sperimentando anche professionalmente) alcune banche stimolano il proliferare sul territorio di agenzie in attività finanziaria o di consulenza finanziaria, mediante la creazione di punti fisici destinati al contatto diretto con il cliente, in sedi che spesso recano l’insegna della banca e ridanno al primo la certezza di un riferimento umano: i call center non bastano ad assicurare una vicinanza che l’estremismo digitale rischia di annientare. Costano meno di una filiale ma danno, daranno risultati analoghi nel breve e medio periodo.
Ultima nota. La digitalizzazione vede smorzare le sue muscolari ambizioni. Il mondo cambia ma non sempre nella direzione in cui molti (anzi pochi) vogliono e i sistemi si adattano secondo la dinamica darwiniana, osservando con attenzione le scelte della gioventù, attuale ma soprattutto futura consumatrice.
In un’intervista di circa un anno fa, il francese Jacques-Antoine Granjon, detto l’anti-Bezos e creatore di un gigante dell’e-commerce (Veepe), rivalutò ampiamente la coesistenza del commercio on line e del negozio fisico. Aggiunse che i giovani acquistano sempre più giornali cartacei e cercano dischi in vinile. Ci sarà anche qui un motivo. O no? (riproduzione riservata).
Emilio Girino
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