Quel legame rischioso fra bolle immobiliari, npl e capitale bancario
Premonitrici delle crisi economiche, le bolle immobiliari vanno profilandosi più o meno ovunque nel mondo. Lo dimostra il recente report annuale Ubs Global Real Estate Bubble Index che registra su 25 città europee, americane e asiatiche un’accelerazione media di prezzo del 10% da metà 2021a metà 2022. In realtà è da circa un decennio che l’azzeramento dei tassi di interesse ha favorito l’ipertrofia dei prezzi degli immobili, stimolata dall’accesso ad un credito dal costo incomparabilmente inferiore a quello del passato e dalla parallela carenza di valide alternative di rendimento finanziario.
La corsa all’acquisto a debito, accresciuta dalla naturale azione speculativa dei professionisti dell’investimento immobiliare e dalla riduzione dell’offerta, dilata artificiosamente il valore del bene, ampliando il divario del loan to value, la proporzione fra misura del prestito e valore reale dell’acquistato. La sopravvalutazione droga il mercato ma il giocattolo si rompe non appena l’economia registri i primi segni di cedimento, soprattutto se l’inflazione rialzi la testa e le banche centrali reagiscano innalzando i tassi di interesse: il costo del credito sale, il default dei debitori e il crollo della domanda abbattono i prezzi, il rapporto debito/valore salta, il sistema bancario ne risente in termini di perdita sull’erogato.
Non è teoria, è nuda e cruda pratica. A inizio ottobre, la Banca centrale olandese, d’intesa con l’Autorità bancaria europea (Eba), ha chiesto alle banche dei Paesi Bassi un aumento dei requisiti di capitale, un extra buffer intorno ai 4,5 miliardi di euro. In effetti, l’Olanda – ospite, per beffarda nemesi, del discusso mercato energetico Ttf – è il paese dove nell’ultimo decennio il prezzo degli immobili è mediamente più che raddoppiato: lo scoppio della bolla provocherebbe perdite su crediti che le banche olandesi dovrebbero necessariamente assorbire con mezzi propri. Ma se Amsterdam piange, Berlino non ride: nel decennio 2009-2019 il prezzo dell’immobiliare tedesco è cresciuto di circa il 124% con minimi a Düsseldorf (+97%) e massimi a Monaco (+178%) sicché Bundesbank e Bafin hanno chiesto al sistema bancario un buffer supplementare di 22 miliardi a partire dal gennaio prossimo. Il tutto a bocce tutt’altro che ferme, date le incognite recessive e inflattive correlate agli imprevedibili scenari di deterioramento geopolitico ed economico.
È inevitabile che il futuro sia contrassegnato da un incremento delle sofferenze bancarie. La stessa Eba ha stimato una crescita degli Npl in Europa pari al 33% entro il 2022. Una recente analisi di Banca Ifis (MF-Milano Finanza del 24 settembre) prevede per l’Italia 35 miliardi di operazioni npl nell’anno corrente e non performing exposures (npe) di 47 miliardi nel 2023 e 33 nel 2024, per quanto il livello dovrebbe contenersi entro soglie fisiologiche, non superiori al 5% dell’erogato (il Npe ratio italiano era del 3,6% nel 2021).
Resta l’incognita della potenziale bolla immobiliare che potrebbe mutare radicalmente le previsioni ma che per il momento non sembrerebbe essere prossima in Italia, almeno non quanto lo è in Olanda e Germania (stando al citato report Ubs che assume a base la piazza milanese). Malgrado ciò e con ogni sensata diffidenza verso scenari troppo ottimistici, sarebbe saggio se le banche provvedessero rapidamente allo smobilizzo delle posizioni deteriorate, sfruttando al massimo la cartolarizzazione immobiliare prima che l’eventuale scoppio della bolla predica un avvenire critico a breve termine. Extra buffer di capitale porterebbero inesorabilmente ad un’ulteriore stretta creditizia, quanto di peggio ci si possa augurare in un ciclo economico così delicato. Si eviterebbe anche di rialimentare la polemica che negli stress test di alcuni anni fa dava per spacciato il sistema bancario italiano per eccesso di npl. Predica discesa da pulpiti che oggi, lo stiamo vedendo, devono sciogliere nodi analoghi, forse peggiori.