PRESUNTI DERIVATI IMPLICITI: LA CASSAZIONE PONE FINE A UN DECENNIO DI DISPUTE

È del 23 febbraio scorso la sentenza (5657) delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che scrive la parola fine sui contenziosi in tema di derivati impliciti. La storia giudiziaria dura da circa un decennio ed affonda le radici ai tempi in cui altre valute scontavano un interesse minore rispetto all’euro; venivano pertanto pattuiti mutui e leasing a tassi di interesse e di cambio su quelle valute, comportando il versamento del controvalore da parte del cliente in caso di variazioni sfavorevoli e da parte dell’intermediario in caso di variazioni favorevoli. Con la crisi dell’euro, e il conseguente crollo dei cambi, molti clienti hanno cercato di individuare in questa clausola un derivato implicito, che sarebbe risultato venduto dall’intermediario assieme a un prodotto creditizio ma senza rispettare le regole del Testo Unico della Finanza.

Nella rubrica “Considerazioni inattuali” su Milano Finanza, Emilio Girino ripercorre la querelle sui derivati impliciti, attraverso le tappe più recenti: dal vano tentativo di far risultare la clausola immeritevole di tutela in quanto squilibrata o di scovare uno snaturamento del contratto di finanziamento tramite un investimento di fattispecie autonoma, fino alle sentenze della Cassazione nel 2021 (4659 e 26538), che decretavano come tali clausole fossero semplici adeguamenti di valore, e all’ordinanza interlocutoria del 2022 che ha riportato la questione dinanzi alle Sezioni Unite, sulla base di un preteso contrasto interpretativo.

“Sulle prime, la tesi del derivato implicito ha preso piede per un abbaglio morfologico”, spiega l’Avv. Girino, “poiché dalla clausola erano del tutto assenti le caratteristiche strutturali di un derivato: astrazione pura, autonomia causale, riferimento a un capitale nozionale, uscita solo previo versamento del mark-to-market. La tesi scricchiolò sotto il martello di qualche acuto magistrato e l’attacco si spostò sulla presunta indeterminatezza del pattuito, (mal) costruita su cavilli lessicali e speculazioni ragionieristiche discutibili. Il supremo consesso chiude oggi la contesa, ribadendo la natura non derivativa delle clausole a rischio cambio, escludendo che mutino la causa del contratto di credito, distinguendo nitidamente fra differenzialità finanziaria e differenzialità derivativa e rammentando che l’immeritevolezza è uno strumento per casi estremi, non certo rintracciabile in una clausola di adeguamento di valore”.

Alla querelle sui cosiddetti derivati impliciti, l’Avv. Girino aveva dedicato già nel 2016 un saggio pubblicato sulla “Rivista di Diritto bancario” (I derivati impliciti: virtù e vizi della scomposizione), in cui proponeva una lettura ermeneutica dell’analisi del prodotto, imperniata sul principio di astrazione pura, così da poterne individuare oggettivamente la disciplina. La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione – che procede sulla linea tracciata dalle sentenze del 2021, cui questo sito aveva dedicato una specifica News –fa dunque propria la tesi della miglior dottrina, sostenuta dal nostro Socio.

Il testo integrale della nuova puntata della rubrica “Considerazioni inattuali” è invece disponibile cliccando qui. Sul nostro Sito è come sempre possibile consultare l’intera raccolta della rubrica “Considerazioni inattuali” dal 2009 a oggi.

I Professionisti dello Studio Ghidini Girino e Associati sono chiamati quali relatori di convegni, rendono opinioni su problematiche giuridiche, economiche e finanziarie su primari quotidiani nazionali e su emittenti televisive specializzate.