Il piano B è un bond interstatale

Chi dice crisi stile 2008, chi dice guerra. Risposte sbagliate.

Con ogni rispetto per qualsiasi vittima, nelle guerre vediamo nemici, città bombardate, vincitori, vinti e fuggenti: qui il nemico non si vede, ogni città è distrutta, tutti perdono, nessuno può fuggire. Nessun parallelo con la crisi del 2008: quella fu un dramma asimmetrico.

La democraticità virale rende oggi il dramma impietosamente simmetrico e la metafora del contagio, allora impiegata per soffiare sul fuoco speculativo, qui è tragicamente azzeccata. Le interconnessioni produttive all’interno della Ue lo confermano. Due esempi.
L’industria automobilistica tedesca dipende per il 21% dalla filiera italiana, per il 10,5% dalla francese e per il 7% dalla spagnola. L’Italia produce il 41% del fashion europeo, un sesto dei ricavi dei grandi gruppi francesi proviene dai brand italiani, senza contare le nostre subforniture che alimentano il 6,2% della loro produzione. Nessuno può chiamarsi fuori. La débâcle economica causerà un contagio di perdite reciproche e concatenate, le quali hanno un immediato ma non equivalente riflesso sul pil: pare non si capisca che il fatturato perso, dato il principio di sommatoria dei pagamenti lordi, innesca una contrazione crescente del pil, quale che sia il metodo di calcolo (spesa, valore aggiunto o redditi). Ogni Paese patirà riduzioni di pil e la caduta del denominatore farà salire il sacro percento del debito di tutti.
V’è poi un terzo concetto, sfuggito a chi governa ma chiaro a chi produce: moratorie e debiti sono palliativi. Per fronteggiare un simile lockdown servono soldi, maledetti e subito.

Creare ulteriore debito privato significa solo aumentare il rischio di default di imprese e famiglie e di attivare le garanzie statali. La viziosa chiusura del cerchio riporterebbe sullo Stato un peso enorme ma a prezzo d’una distruzione economica permanente. Meglio allora andare dritti al punto: attribuire parte dell’utile perso su base media mensile del triennio precedente, incentivare la ripresa con l’anticipo di tre mensilità di quello stesso utile, sostenere direttamente il costo del personale (senza pastoie da cig e affini).
Per far questo occorre denaro pubblico a fondo perduto. Inutile litigare a Bruxelles.

Però si può fare in proprio (come dimostrato da una proposta di Confapi cui s’ispirano le prossime righe). La Francia è il secondo azionista della Bce, l’Italia il terzo, la Spagna il quarto. Il debito-pil sfiora il 100% nel primo e terzo caso e supera il 134 nel nostro: la media è circa 110%. La somma del pil dei tre Paesi è il 40% di quello europeo. Perché allora non un bond interstatale a trent’anni? Il titolo sarebbe emesso da ciascun Paese sino a concorrenza complessiva di una data somma proporzionata alle rispettive quote di partecipazione in Bce.

Ciascuno Stato concorrerebbe, solidalmente ma proporzionalmente, a garantire il debito degli altri sino al 50% (massimo haircut teorico per ciascuno). Il mix dei tre paesi Potrebbe portare a un rating almeno A-, il tasso potrebbe aggirarsi sull’1,5% e i tre potrebbero statuire una totale esenzione fiscale sulle cedole dei titoli conservati per almeno 10 anni. Un semplice abbozzo, di certo perfettibile, ma con tre vantaggi: drenare capitali a scapito di chi non vuol starci; raccogliere liquidità immediatamente trasferibile; mandare un segnale all’Eurozona. Uscendo dalla Bce ed entrando in Confindustria, Draghi e Bonomi hanno rispettivamente chiarito che il mondo dovrà abituarsi a debiti pubblici enormi e che il debito privato non è una soluzione. Vogliamo ascoltare chi di finanza ed economia capisce o preferiamo «far da soli»?

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Nato a Casale Monferrato il 18 novembre 1962, alunno del Collegio Ghislieri, si è laureato con lode all’Università di Pavia nel 1985.
Allievo del Prof. Ghidini e suo stretto collaboratore da oltre trentacinque anni, è divenuto socio dello Studio sin dalla sua fondazione e riveste il ruolo di managing partner.
È iscritto all’ordine degli Avvocati di Milano dal 1990. Nell’ambito dello Studio, si occupa prevalentemente delle problematiche bancarie, finanziarie, contrattuali, e societarie.